Ayrton Senna: la miniserie Netflix per rendere omaggio al pilota

A 30 anni dalla morte di Ayrton Senna, il pilota che ha conquistato il cuore dei tifosi di tutto il mondo, Netflix decide di ricordarlo

Ayrton Senna è stato molto più che un semplice pilota di F1, ma un esempio da seguire per le persone che ogni domenica lo osservavano sfrecciare in pista e lo sostenevano anche fuori da essa. La sua passione, dedizione, il suo impegno per gli altri, la sua empatia e perseveranza, lo hanno reso un simbolo, per sempre.

In questo articolo, scopriremo di più sulla serie tv Made in Netflix che vuole rendere omaggio al campione brasiliano dopo 30 anni dalla sua tragica morte.

Il talento senza precedenti di Ayrton Senna celebrato in sei episodi

Fin da bambino Ayrton Senna si è dimostrato un talento nel mondo delle corse, che fosse all’interno di un go kart  o di una monoposto, Senna riusciva a sentire l’auto, riusciva a percepirla come un’estensione di sé stesso, riusciva ad accarezzare la strada attraverso il volante, e questo suo talento lo ha portato a diventare per tre volte campione del mondo con la McLaren e a guadagnarsi di diritto il titolo di pilota più veloce di tutta la storia della Formula 1.

Ayrton Senna da piccolo su una mini auto
Ayrton Senna amava il mondo delle corse fin da bambino. Sua madre stessa sostenne che imparò a correre prima ancora di camminare. – Creative Commons Attribution 2.0 – mentiscura.com

La sua determinazione, il suo amore per le corse, il suo animo sensibile e il suo non aver peli sulla lingua, lo hanno fatto diventare un esempio da seguire e il suo ricordo non conosce tempo.

Per quanto siano passati 30 anni dal giorno della sua morte in quel tragico incidente sulla pista di Imola, che lo ha visto schiantarsi a oltre 300 km/h nella curva del Tamburello per la rottura improvvisa del volante della sua monoposto Williams, nessuno lo ha dimenticato e nessuno vuole dimenticarlo.

L’obiettivo della serie tv Netflix

Netflix ha deciso di produrre una miniserie di sei episodi di circa un’ora ciascuno, per commemorare la vita, prima ancora che la carriera, di uno dei piloti più forti di tutti i tempi, nonché di un uomo che ha portato in alto la bandiera del Brasile facendo del bene alla sua gente e diventando un emblema di coraggio, determinazione e umanità.

Netflix riesce in modo convincente a ripercorrere le tappe principali della vita e della carriera di Ayrton Senna rendendo giustizia all’uomo prima che al pilota, attingendo a tutto il materiale realmente esistente sulla sua figura.

Ne risulta un documentario toccante, specialmente durante l’ultimo episodio “Tempo”, il tempo che Senna rincorreva sempre, fino all’ultimo decimo di secondo, il tempo che il pilota sentiva di non avere mai a sufficienza per poter stare con le persone che amava ma che era pronto a sacrificare per correre, per fare ciò che nella vita amava davvero. Il tempo che per lui si è fermato per sempre quel giorno di maggio 1994. 

Ayrton Senna sulla sua monoposto
Ayrton Senna e la McLaren conquistano il GP di Interlagos nel 1993, un anno prima della morte del pilota – Creative Commons Attribution 2.0 – mentiscura.com

L’episodio conclusivo della serie termina con un video del vero Senna che ci ricorda di credere sempre in chi vogliamo diventare, e con una serie di immagini e brevi video girati durante la sua vita, che ci permettono di salutare Ayrton per l’ennesima volta, senza ancora riuscire a dirgli addio davvero.

Vi consigliamo di guardare questa serie che voi siate dei fan di Ayrton Senna o meno, per scoprire di più sulla vita di un uomo che per i suoi valori merita di essere ricordato.

La morte di Senna e la svolta nel mondo delle corse

La miniserie Netflix su Ayrton Senna mostra anche un lato oscuro delle corse, fatto di favoritismi, denaro, boicottaggi e mette in luce quanto il mondo della F1 fosse completamente allo sbaraglio a livello di sicurezza negli anni 90 nonostante, se guardiamo bene, non siano poi così lontani…

La morte di Senna è stato uno spartiacque importante per la F1. Infatti, quel weekend in cui Ayrton morì, la gara non avrebbe dovuto disputarsi in seguito alla morte del pilota Roland Ratzenberger in qualifica e al grave incidente che condusse quasi alla morte un altro pilota, connazionale di Senna, il giorno prima.

Senna si batté con la FIA per fare in modo che la gara non si disputasse, sottolineando come il tracciato non fosse nelle giuste condizioni di sicurezza, e come le nuove regole relative alle monoposto di quell’anno fossero un grave rischio per la sicurezza dei piloti, ma non venne ascoltato. 

Senna quel giorno decise di correre per mandare un messaggio importante a fine corsa in caso di vittoria. Voleva vincere per sventolare la bandiera austriaca come omaggio al pilota Roland Ratzenberger, morto poche ore prima in quella pista. 

Tuttavia, Senna stesso trovò la morte a Imola quel giorno, ma fu proprio la sua morte a mandare un messaggio importante a tutto il mondo e specialmente alla FIA, che da quel momento in poi decise di mettere al centro la sicurezza dei piloti.

“Non siamo pagati per morire”: la morte di Senna ha cambiato il futuro della F1

Ayrton Senna è morto lasciando un segno indelebile per tutti i suoi fan, per il mondo delle corse e per il mondo intero. 

La sua morte si sarebbe potuta evitare, si sarebbe dovuta evitare, ma questa miniserie ci fa comprendere che forse, nell’amarezza dei fatti, morire lasciando un messaggio importante, un messaggio in grado di salvare vite in futuro, sarebbe stato l’unico modo in cui Senna avrebbe voluto andarsene.

Morire facendo ciò che amava, morire per fare in modo che nessuno dovesse più trovare la morte in pista a causa della scarsa sicurezza, sarebbe stata la sua scelta, qualora non avesse potuto evitare questo destino. 

Concludiamo l’articolo con una delle sue frasi più celebri che letta dopo la sua morte assume ancora più importanza e che probabilmente ha fatto aprire gli occhi, in ritardo, a chi poteva finalmente cambiare le cose: 

“Si può correre a 300 all’ora limitando il rischio al minimo. Occorre sedersi ad un tavolo insieme ai rappresentanti della federazione e ai costruttori. Bisogna impegnare uomini e soldi nella ricerca del migliore compromesso tra sicurezza e spettacolarità. Nessuno ci ha ordinato di correre in F1, ma non siamo pagati per morire.

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