Cerchi delle fate: di che cosa si tratta?

Grazie a immagini satellitari analizzate con l’intelligenza artificiale, oggi sappiamo che i “cerchi delle fate” sono presenti in almeno 15 Paesi nel mondo distribuiti su tre continenti
Nonostante il nome evocativo, i cerchi delle fate sono formazioni naturali reali, visibili nelle aree più aride e desertiche del Pianeta.
Conosciuti anche come “fairy circles”, questi cerchi sono piccoli anelli di vegetazione che circondano una zona centrale priva di erba. Le loro dimensioni variano, e alcuni possono raggiungere fino a 20 metri di diametro, sopravvivendo per decenni. Nonostante ciò, la loro origine rimane ancora in parte un mistero.

I cerchi delle fate: che cosa sono?

Fino a poco tempo fa, questi cerchi erano osservati solo nel deserto del Namib (Africa) e in Australia. Tuttavia, uno studio recente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences ha rivelato la presenza di cerchi delle fate anche in altre parti del mondo, tra cui il Sahara occidentale, il Corno d’Africa, il Madagascar e il sudest asiatico.

Questo studio ha permesso di identificare le caratteristiche climatiche e del terreno associate alla presenza di queste formazioni.

Questa caratteristica misteriosa ha alimentato storie e leggende tradizionali delle popolazioni locali, da cui deriva il loro nome. Per lungo tempo, si è creduto che queste insolite formazioni fossero create dalle danze notturne di fate o spiriti.

Cerchi delle fate: di che cosa si tratta?
Cerchi delle fate: di che cosa si tratta? – Wikimedia Commons @Thorsten Becker – Mentiscura.com

 

Oltre al fascino naturale, i cerchi delle fate rivestono un’importanza significativa dal punto di vista ambientale. Questi fenomeni possono fornire informazioni cruciali sulla salute degli ecosistemi e sulle dinamiche delle risorse naturali, come l’acqua, la vegetazione e i nutrienti, risorse che sono sempre più minacciate dalla crisi climatica.

Questi cerchi sono particolarmente diffusi nel deserto del Namib in Namibia, dove si estendono per circa duemila chilometri dall’Angola fino alla parte nord-occidentale del Sudafrica. Tuttavia, la loro presenza è stata registrata anche in Australia, specialmente in una piccola area a est della città di Newman, nella regione di Pilbara.

Nonostante i numerosi studi, la loro origine rimane ancora incerta. Oltre ai racconti leggendari, la scienza suggerisce che i cerchi delle fate siano il risultato di interazioni complesse tra le piante e il suolo.

Altre teorie propongono che la disposizione circolare della vegetazione sia una risposta diretta alle condizioni di aridità estrema di queste aree. In queste condizioni, le piante potrebbero adottare questa disposizione per massimizzare l’uso dell’acqua, una risorsa scarsa in questi ambienti.

I cerchi delle fate sono importanti indicatori ambientali. Secondo alcune ipotesi di ricerca, la loro presenza e distribuzione forniscono dati cruciali per comprendere meglio la disponibilità di risorse come l’acqua e i nutrienti nel suolo delle aree desertiche e aride del mondo.

Alcuni studi hanno evidenziato che i cerchi delle fate possono indicare aree con forte stress idrico, dove le piante sono costrette a competere intensamente per l’acqua.

In un pianeta che è un gigantesco ecosistema in costante cambiamento a causa della crisi climatica, queste formazioni possono fungere da utili termometri per monitorare gli effetti del riscaldamento globale, specialmente sugli ecosistemi aridi.

Esistono anche cerchi delle fate simili a quelli desertici, ma diversi per essere temporanei e tipici di zone con paludi salmastre. Ad esempio, in Cina, questi cerchi sono diventati importanti alleati scientifici nello studio della capacità delle piante di adattarsi allo stress idrico provocato dal cambiamento climatico.

Grazie a modelli basati su intelligenza artificiale, i ricercatori hanno analizzato un gran numero di immagini satellitari, identificando pattern di vegetazione simili ai cerchi delle fate in almeno 263 siti, distribuiti in 15 Paesi e tre continenti diversi. “Il nostro studio”, spiega Manuel Delgado Baquerizo, secondo autore della ricerca, “dimostra che i cerchi delle fate sono molto più comuni di quanto si pensasse in precedenza, permettendoci per la prima volta di comprendere globalmente i fattori che influenzano la loro distribuzione”.

Ad esempio, aree con bassa concentrazione di azoto nel terreno e una piovosità media inferiore ai 200 millimetri annui sono spesso associate a questi fenomeni.

Ma perché è così importante comprendere le origini e la distribuzione globale dei cerchi delle fate? “Analizzare i loro effetti sul funzionamento degli ecosistemi e scoprire i fattori ambientali che determinano la loro distribuzione è essenziale per capire meglio le cause della formazione di questi pattern di vegetazione e la loro importanza ecologica“, afferma Emilio Guirado, primo autore dello studio e ricercatore presso il Laboratory of Ecology of Arid Zones and Global Change dell’Università di Alicante (Spagna).

In passato, vari gruppi di ricerca hanno cercato di spiegare l’origine di questo fenomeno, escludendo alcune ipotesi e proponendone di nuove. La teoria più accreditata suggerisce che la disposizione delle piante nei cerchi delle fate permetta di ottimizzare la scarsa quantità di acqua disponibile, spiegando così la loro diffusione in aree aride o desertiche.

Un’altra questione rilevante è se la presenza di questi pattern possa fornire indicazioni sulla salute degli ecosistemi in cui si verificano. Gli autori dello studio concludono che l’atlante globale generato potrebbe essere utile per capire se la vegetazione nei cerchi delle fate è più resistente ai cambiamenti climatici, in particolare all’aumento delle temperature globali.

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