In cosa consiste il disturbo dell’apprendimento non verbale, come riconoscerlo e che effetti ha sulla vita di chi ne soffre
Il termine “disturbo non verbali dell’apprendimento” è stato utilizzato per la prima volta da Myklebust nel 1967, per poi essere ripreso da altri autori come Johnson & Myklebust (1967) e Myklebust (1975). Il termine aiuta a descrivere bambini con difficoltà di apprendimento che non rientrano nei criteri per la diagnosi di disturbo dell’apprendimento.
Il disturbo dell’apprendimento non verbale si manifesta già a partire dall’età infantile come una forte predisposizione nella comunicazione verbale e come un insieme di difficoltà crescenti rispetto alla comunicazione non verbale, ovvero nell’interpretazione di quelle che sono le informazioni visive correlate alla comunicazione.
Di solito i bambini che soffrono di disturbo dell’apprendimento non verbale hanno un ottima memoria verbale, ricordano alla perfezione i vocaboli e imparano a leggere e scrivere addirittura in modo precoce rispetto ai propri coetanei.
Tuttavia possono avere difficoltà ad entrare in profondità del testo che stanno leggendo, focalizzandosi sulla dimensione più superficiale e meno astratta: pongono l’ attenzione sulle parole ma tendono a non riuscire a vedere oltre il primo strato del testo, e quindi non riescono a coglierne il significato più profondo.
5 criteri diagnostici per identificare il disturbo dell’apprendimento non verbale
Può essere complicato diagnosticare il disturbo in quanto spesso si attribuiscono queste mancanze visivo-spaziali o più astratte ad una poca applicazione da parte del bambino, tuttavia esistono 5 criteri diagnostici utili a poter individuare correttamente il disturbo in età infantile:
- Basso profilo di intelligenza visivo-spaziale (ad esempio completare puzzle) ma un buon QI verbale
- Difficoltà visivo-costruttive
- Difficoltà in matematica ma ottime abilità nella lettura
- Deficit della memoria visivo-spaziale
- Difficoltà emotive e sociali
Quest’ultimo punto, tuttavia, non è sempre presente e potrebbe essere considerato una conseguenza del disturbo dell’apprendimento non verbale. Infatti, la difficoltà a decodificare i segnali non verbali può diventare uno ostacolo negli scambi relazionali. Per esempio, chi soffre di disturbo di comunicazione non verbale non riesce a interpretare espressioni, gesti o umorismo delle persone che gli stanno attorno.
Difficoltà ad interpretare le emozioni e a dimostrare empatia
Secondo degli studi recenti, i bambini che soffrono di disturbo dell’apprendimento non verbale hanno la stessa probabilità di capire lo stato d’animo di due attori di un racconto quando questo acconto viene condiviso a voce.
Quando invece si trovano davanti ad una registrazione video di ciò che sta avvenendo, non riescono ad identificare le emozioni che gli attori stanno provando, proprio perché non riescono a declinare espressioni, postura ed elementi che normalmente aiutano a realizzare un ritratto emotivo di chi ci sta davanti.
Il disagio emotivo
Mammarella, Ghisi e colleghi, nel 2014 hanno realizzato uno studio che aveva come obiettivo principale quello di mettere in luce le caratteristiche psicologiche di bambini con diversi disturbi dell’apprendimento, di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni.
I risultati di questa ricerca hanno evidenziato come i bambini che soffrono di disturbo dell’apprendimento non verbale manifestano maggiori sintomi ricollegabili all’ansia, probabilmente perché tendono a percepire le situazioni che si trovano a vivere come più difficili da controllare non riuscendo a tradurre le informazioni visivo-spaziali che li circondano. In più, dimostrano maggiori livelli di ansia scolastica e ansia da separazione.
Disturbo dell’apprendimento non verbale, depressione e psicopatia
I bambini con disturbo dell’apprendimento non verbale manifestano forme di depressione ma è più difficile diagnosticarla a causa della loro compromessa comprensione delle emozioni.
Questo deficit, inoltre, può essere ricondotto anche a forme di psicopatia, in quanto chi ne soffre tende ad avere una mancata capacità ad interpretare le emozioni altrui, tuttavia nei casi di psicopatia sembrerebbe trattarsi di una minore capacità di interpretare le emozioni positive rispetto a quelle negative.
In generale, a livello scolastico questo disturbo viene scarsamente individuato e i bambini non sempre vengono accompagnati a dovere nel loro percorso, proprio perché rispetto ad altri deficit è più difficile da diagnosticare a livello comportamentale e spesso si etichettano i bambini che ne soffrono come poco attenti o poco volenterosi, facendo aumentare ulteriormente la loro ansia sociale e scolastica.
Dei buoni indicatori per i docenti per individuare il disturbo possono essere:
- Difficoltà nei calcoli
- Grafia confusa e difficoltà a rispettare i margini
- Difficoltà a leggere l’orologio
- Difficoltà ad utilizzare mappe, riprodurre percorsi o comprendere gli schemi geografici
Attraverso un supporto concreto a livello educativo e scolastico, questi bambini possono condurre una vita del tutto normale, arrivando ad allenare e migliorare anche le loro capacità sociali.