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Sport

Alle Olimpiadi non si ha paura solo di perdere, ma anche di vincere: ecco perché

Scopriamo in che cosa consite la nikefobia, e perchè così tanti sportivi ne sono affllitti

La nikefobia, letteralmente “paura di vincere”, è una condizione psicologica che colpisce molti atleti, impedendo loro di raggiungere i livelli di prestazione che potrebbero altrimenti conseguire. Questa fobia, derivata dai termini greci “nike” (vittoria) e “phobos” (paura), è più diffusa di quanto si possa pensare, affliggendo tra il 20% e il 30% degli sportivi.

Comprendere la Nikefobia

La nikefobia si manifesta quando un atleta, nonostante le sue grandi potenzialità, non riesce a eccellere nei momenti decisivi a causa di comportamenti autolesionisti. Questi comportamenti, simili a un auto-sabotaggio, possono includere una prestazione superiore durante gli allenamenti rispetto alle gare, fallire nei momenti cruciali o mancare regolarmente gli appuntamenti più importanti, risultando sempre l’eterno secondo.

Le radici della paura di vincere

La paura di vincere può sembrare paradossale, ma le sue radici sono profonde e complesse. Spesso, essa deriva dalla convinzione che il successo richieda abilità che l’atleta ritiene di non possedere. Questa percezione può essere alimentata dalle aspettative di compagni, allenatori, familiari e pubblico. Quando un atleta si sente sotto pressione per soddisfare queste aspettative, può procrastinare o rinviare il momento della vittoria, temendo di non essere all’altezza. Un altro fattore è la paura della responsabilità che accompagna il successo. Vincere una competizione importante può significare dover mantenere un alto livello di prestazioni in futuro, affrontare avversari più forti e gestire nuove aspettative. Questo può portare a un blocco delle prestazioni, con l’atleta che si autosabota per evitare queste nuove sfide. In alcuni casi, la nikefobia può colpire un atleta dopo un successo inaspettato e repentino, che lo “strappa” dalle proprie abitudini, dal proprio ambiente e dal proprio ruolo nel mondo. In questa situazione, l’atleta può attuare comportamenti tali da permettergli di tornare alla situazione precedente, rifiutando i benefici della vittoria.

L’autosabotaggio e i suoi meccanismi

L’autosabotaggio è un fenomeno comune non solo tra gli atleti, ma anche nella vita quotidiana di molte persone. Quando ci si avvicina al raggiungimento di un obiettivo importante, si può essere sopraffatti dalla paura del cambiamento e delle nuove responsabilità. Questo porta a comportamenti che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi prefissati. L’autosabotaggio può essere innescato da diversi fattori, tra cui la pressione delle aspettative, che può generare ansia da prestazione e influire negativamente sulla concentrazione. Chi ha problemi di autostima e non si sente degno del successo tende a mettere in atto comportamenti che confermano i propri pensieri autosvalutanti.

Medaglia d’oro | Ansa – mentiscura-com

Per esempio, in ambito affettivo, alcune persone possono rinunciare a una relazione potenzialmente soddisfacente perché intimamente convinte di non esserne all’altezza o di non meritarsela. Alla base dei comportamenti di autosabotaggio si può trovare anche la paura del cambiamento e delle conseguenze a seguito del successo. Un caso tipico è quello degli studenti che, alla soglia della laurea, iniziano a procrastinare, temendo l’ingresso nel mondo del lavoro e ciò che comporterà per il loro stile di vita. In questo caso, l’autosabotaggio è riconducibile ad azioni di auto-protezione contro la paura di cambiare o assumersi nuove responsabilità.

Nikefobia e Olimpiadi

Le Olimpiadi rappresentano il culmine della carriera di un atleta, un momento carico di emozioni intense e sfide personali. Tuttavia, è proprio in questi momenti che la nikefobia può manifestarsi con maggiore intensità. La pressione per vincere, l’ansia e lo stress possono portare a crolli mentali, con atleti che non riescono a dare il massimo delle loro capacità proprio quando conta di più. La paura di vincere non è un fenomeno limitato agli sportivi di alto livello; può colpire anche in altri ambiti della vita. Il meccanismo di autosabotaggio si attiva in tutte quelle situazioni in cui una persona si trova a un passo dal raggiungere un obiettivo importante, ma, sopraffatta dalla paura delle conseguenze, inizia a mettere in atto comportamenti che ostacolano il successo.

La cultura della performance e i suoi effetti

Viviamo in una cultura che spesso vede il successo come il principale indicatore di soddisfazione personale. Questo può portare a interpretare ogni insuccesso come un fallimento, senza riconoscere la variabilità dei percorsi individuali. Non tutti vivono il mancato raggiungimento di obiettivi socialmente riconosciuti come un fallimento; per alcuni, può essere un’esperienza di auto-realizzazione e crescita personale. È fondamentale comprendere che l’autorealizzazione personale non corrisponde sempre a un percorso lineare e perfetto, ma può variare notevolmente da individuo a individuo. Accettare che il successo non è l’unico indicatore di felicità e soddisfazione può aiutare a vivere in maniera più serena i propri obiettivi e a interpretare con la giusta prospettiva i percorsi di vita, sia propri che altrui.

Affrontare la Nikefobia

Per superare la nikefobia, è fondamentale che gli atleti riconoscano e affrontino le loro paure profonde riguardo alla vittoria. Un percorso terapeutico può essere molto utile per esplorare queste dinamiche, aiutando gli atleti a comprendere meglio se stessi, i loro obiettivi e le loro capacità. Attraverso la terapia, è possibile lavorare sulla propria autoconoscenza, esplorando la variabilità dei propri scopi e imparando ad accettare che l’autorealizzazione personale non corrisponde a un traguardo sempre riconosciuto da tutti come vincente. Imparare a leggere i propri comportamenti e riconoscere le proprie paure è il primo passo per coltivare pienamente le proprie capacità e talenti.

Andrea Zoccolan

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