Spiare il cellulare del coniuge integra un reato? Cosa dice la legge al riguardo. Attenzione, si rischia grosso.
Il coniuge che spia l’altro, ficcanasando nel suo telefono commette un reato? È una domanda che si pongono in tanti, soprattutto perché in sede giudiziaria le coppie che intendono separarsi a causa di un presunto tradimento debbono presentare le prove dell’infedeltà. Spesso gli elementi probatori circa l’atteggiamento fedifrago del partner si nascondono proprio nel suo telefono. Ormai nel telefono è racchiusa l’intera vita di relazione di ciascun individuo, chat, messaggi, immagini, file e quant’altro rappresentano mezzi di comunicazione importanti e talvolta sono la spia di un tradimento in atto.
Impossessarsi del telefono altrui, anche se si tratta del marito o della moglie, utilizzando le password svelate dal coniuge in altre circostanze è una condotta illecita, integra infatti il reato di accesso abusivo a un sistema informatico. La giurisprudenza della Corte di Cassazione sul punto è stata chiara, i giudici hanno infatti stabilito che per non incorrere in questa fattispecie di reato è necessario che il titolare del dispositivo rinnovi la password al coniuge volta per volta, prestando dunque il consenso. Il medesimo principio ribadito dalla Cassazione si applica anche per l’accesso ai social o alle email, conoscere le credenziali non autorizza il coniuge a leggere il contenuto della chat a meno che, il partner non gliele abbia fornite nuovamente.
Se il coniuge si rifiuta di cedere il proprio cellulare per far sì che l’altro possa leggere il contenuto dei messaggi in esso presente, deve essere rispettato. Qualora infatti il partner dovesse insistere fino a strapparglielo dalle mani incorrerebbe nel reato di rapina. Inoltre in sede di separazione, il diniego di cedere il proprio cellulare non costituisce una forma di ammissione di colpevolezza circa eventuali tradimenti. L’infedeltà va dimostrata nel corso del giudizio di separazione con prove concrete e, non già con ipotesi desunte dai comportamenti del coniuge.
Il Tribunale di Roma con la sentenza 6432/16 ha affermato che se il coniuge o il convivente lascia il telefono in un luogo dove la coppia abitualmente vive e, sempre che il dispositivo non abbia sistemi di sicurezza e password, prenderlo e leggerne il contenuto non integra un reato. Per i giudici del Tribunale di Roma infatti la convivenza riduce il livello di privacy, poiché la condivisione degli ambienti sottende il perfezionamento di un patto tacito, dal quale di desume l’accettazione della riduzione della riservatezza.
Ma cosa rischia chi illecitamente si impossessa del telefono del partner? Il coniuge che viola la legge può essere querelato per violazione della privacy, inoltre rischia di non poter utilizzare il materiale probatorio in sede di separazione, poiché acquisito illecitamente. L’orientamento dei giudici, in tal senso è contrastante, alcuni Tribunali ammettono infatti prove acquisite attraverso condotte illecite, mentre altri non lo consentono.
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