Gli uragani fanno più paura che mai e la colpa è del… cambiamento climatico. Ecco tutto ciò che c’è da sapere a riguardo
L’uragano Beryl, che ha recentemente causato danni e morti nei Caraibi e in Texas, ha registrato una crescita a dir poco sorprendente, evolvendosi rapidamente in un gigante precoce. Questo fenomeno, come spiegano gli esperti, sarà sempre più comune, dato che riflette le temperature estremamente alte delle acque dell’Atlantico e del Mare dei Caraibi. Prima ancora di raggiungere le coste con venti di intensità paragonabile a un uragano maggiore, Beryl ha battuto numerosi record. Questa potente tempesta si è comportata come i cicloni che solitamente si sviluppano al culmine della stagione degli uragani, a causa delle temperature dell’acqua simili o superiori a quelle tipiche di settembre. L’uragano Beryl, quindi, è solo un assaggio di ciò che ci aspetta in futuro, e questo aumento della forza distruttiva degli uragani è dovuta al riscaldamento degli oceani. Ma per quale motivo? Ecco cosa c’è da sapere.
Uragani e riscaldamento degli oceani: ecco le correlazioni e tutte le informazioni a riguardo
Prima di capire come il riscaldamento degli oceani influenza la forza degli uragani, vediamo cos’è e come si forma questo fenomeno. Cominciamo col chiarire che gli uragani hanno nomi diversi in base alla regione in cui si formano. Nell’Atlantico settentrionale e nel Pacifico nord-orientale, sono chiamati “uragani“; nell’Oceano Indiano, sono noti come “cicloni“; nel Pacifico nord-occidentale, al largo di Cina e Giappone, sono chiamati “tifoni“. Il termine scientifico che li accomuna tutti è “ciclone tropicale”, poiché si formano nelle aree tra i due tropici, dove le condizioni atmosferiche sono ideali. Un ciclone tropicale può essere visto come un enorme motore che utilizza aria calda e umida come carburante. Questo è il motivo principale per cui si formano sopra le acque calde degli oceani vicino all’Equatore, dove la temperatura del mare può raggiungere i 25/26 gradi centigradi in superficie, una delle condizioni necessarie. Infatti, come vedremo tra poco, più calda è l’acqua in superficie, maggiore sarà l’energia disponibile per alimentare un ciclone.
L’acqua che evapora si trasforma in vapore acqueo, che sale verso l’alto, creando una zona di “bassa pressione” sottostante. Quando il vapore acqueo raggiunge una certa altitudine, inizia a condensarsi a causa delle temperature più basse. Un’altra condizione importante è la rapida diminuzione della temperatura con l’aumentare dell’altitudine: maggiore è questo gradiente termico, più intensa sarà la condensazione che trasforma il vapore acqueo in nuvole. La condensazione aumenta l’instabilità atmosferica verticale, poiché l’aria calda, salendo, lascia un vuoto che attira aria fredda dalle zone circostanti. Questo genera venti che favoriscono ulteriormente l’evaporazione e la successiva condensazione, creando un ciclo autoalimentato finché c’è acqua calda in superficie a fornire energia.
Come il riscaldamento degli oceani contribuisce all’aumento della potenza degli uragani
All’inizio di luglio, l’uragano Beryl ha devastato gran parte delle infrastrutture di St. Vincent e Grenadine, Grenada, Barbados, Venezuela e Giamaica, estendendosi fino al Texas negli Stati Uniti. La frequenza di tali uragani è aumentata rispetto al passato. Ma per quale motivo? L’acqua calda agisce come carburante per le tempeste tropicali e gli uragani: più è calda, più energia fornisce.
Con il riscaldamento globale, questo carburante diventa sempre più potente, rendendo sempre più evidente il legame tra fenomeni meteorologici estremi come gli uragani e il cambiamento climatico.
Temperature più elevate dell’aria e del mare contribuiscono a rendere gli uragani più intensi e pericolosi. Nel 2019, ad esempio, le acque costantemente calde che attirano i turisti alle Bahamas hanno anche alimentato l’uragano Dorian, una delle tempeste più devastanti mai registrate nella regione.
Anche le zone storicamente più fredde, come il Nord Atlantico, stanno sperimentando un riscaldamento, un fenomeno preoccupante per gli abitanti del bacino atlantico degli uragani. Gli ultimi dati raccolti, inoltre, hanno dimostrato che gli oceani del mondo non sono mai stati così caldi.
Come stanno cambiando le nostre conoscenze sugli uragani
Nell’Oceano Atlantico, gli uragani mostrano un’evoluzione diversa: oggi la loro intensità può “esplodere” letteralmente in poche ore, passando da tempesta tropicale a uragano, e poi a categorie 1, 2, 3, 4 e persino 5 (il massimo sulla scala di riferimento). Due esempi recenti hanno sfidato le conoscenze di meteorologi e climatologi sullo sviluppo degli uragani: Ian nel settembre 2022 e Idalia nell’agosto 2023.
Entrambi gli uragani hanno causato gravi danni in diverse aree della Florida, negli Stati Uniti. La caratteristica comune era la loro rapidissima intensificazione. Ian è passato da depressione tropicale a uragano di categoria 3 in soli 3 giorni, rafforzandosi esplosivamente in poche ore dopo aver raggiunto le acque calde al largo della Florida. Più recentemente, Idalia ha nuovamente sfidato le conoscenze esistenti: l’uragano è passato da categoria 1 a categoria 4 in sole 24 ore, con un incremento della velocità del vento di 88 km/h in un giorno. Solitamente, un’intensificazione classica corrisponde a un aumento di 35 km/h al giorno.
Come vengono influenzati anche gli altri fenomeni meteorologici
Ma c’è di più: il riscaldamento degli oceani sta avendo un impatto ancora maggiore di quanto si pensasse sulla quantità di precipitazioni generate dagli uragani. Lo confermano recenti studi del Centro di ricerca sul clima dell’Università di Maynooth, in Irlanda. Gli scienziati dell’IPCC concordano che un aumento globale di 1 °C comporta un incremento del 7% delle precipitazioni a livello mondiale. Tuttavia, secondo l’Università di Maynooth, l’aumento delle precipitazioni legato specificamente agli uragani potrebbe superare di gran lunga questo 7%.
È evidente, quindi, che con l’aumento della potenza di un uragano si intensificano anche i fenomeni correlati. Più l’atmosfera è calda, maggiore è la quantità di vapore acqueo che può contenere. Di conseguenza, aumentano anche le precipitazioni rilasciate dalle nubi in formazione. Per ogni grado in più nella temperatura dell’Oceano Atlantico, l’intensità complessiva delle precipitazioni aumenta del 40% e la quantità totale di pioggia che cade sulla terraferma cresce del 140%. Queste conclusioni sono basate sulle tendenze delle precipitazioni legate agli uragani nel periodo 1998-2017, durante il quale la temperatura media della superficie oceanica era già superiore di 1 grado rispetto all’epoca pre-industriale.
L’intensità delle precipitazioni si riferisce alla quantità di pioggia che cade in un determinato periodo: se in un’ora cadono 20 millimetri di pioggia, un aumento di 1 grado nella temperatura dell’oceano porterebbe questa intensità a 28 millimetri all’ora. In termini di precipitazioni totali, alcuni uragani possono generare oltre 500 millimetri di pioggia, come l’uragano Ian in Florida nel settembre 2022. In questo caso, un incremento di 1 grado nella temperatura dell’Atlantico potrebbe portare a un totale di 1.200 millimetri.