La conoscenza e la saggezza non sono la stessa cosa, ecco cosa le contraddistingue e cosa ne pensano alcuni grandi pensatori del passato
Conoscenza e istruzione sono preziose, ci permettono di assimilare informazioni con cui poter incrementare il nostro bagaglio culturale, ed è grazie a queste informazioni che impariamo ad avere un pensiero critico, ci forniscono gli strumenti necessari per pensare in modo più consapevole e informato. Tuttavia, pur essendo preziosissime non bastano per poter definire un individuo “saggio”.
Prima di addentrarci nello scoprire che cosa distingua davvero conoscenza da saggezza, partiamo dalle loro radici etimologiche, estratte direttamente dalla Treccani:
La saggezza rientra in una sfera più intima, emotiva e meno razionale dell’essere umano. Se vogliamo, possiamo dire che la saggezza sia più empatica di quanto non lo sia la sconoscenza, che rimane invece su un piano più razionale. E l’aspetto interessante è che la saggezza porta ad assorbire le informazioni in modo nuovo, a conoscere in modo più profondo abbracciando un concetto con più introspezione.
Nello stesso tempo, la saggezza è anche l’applicazione di ciò che si è appreso mediante la conoscenza. Ovvero l’uso che facciamo delle informazioni che abbiamo incamerato e collegato tra loro affinché diventassero più utili.
La saggezza è anche arricchita dall’esperienza di vita, dalle scelte personali, dal percorso che ognuno di noi ha dovuto attraversare. Ecco perché si dice spesso “vecchio saggio”, perché il bagaglio di esperienza di una persona anziana è sicuramente più ampio.
Immaginate la conoscenza come un foglio bianco con scritte informazioni e la saggezza come delle lenti speciali e solo nostre, con cui è possibile leggere e apprendere ciò che c’è scritto sul foglio.
Ora quindi vi domanderete: la saggezza è diversa per ogni essere umano? La risposta è sì, proprio perché l’emotività e il bagaglio di vita di di ciascuno di noi non sarà mai uguale a quello di qualcun altro.
Un uomo saggio sa prendere decisioni calibrate, sa applicare la conoscenza alla vita di tutti i giorni per agire nel modo migliore e, se vogliamo, più etico possibile.
In greco saggezza si indicava con il termine Soprhosyne, ovvero “ricerca della salvezza dell’anima”. Potete quindi leggere in questo significato originario una connotazione morale ed etica legata all’aspetto salvifico della saggezza: qualcosa che salva vuol dire che fa del bene, che agisce secondo un’ elevazione dello spirito e della mente.
Secondo Shopenhauer “Lo sciocco corre dieto ai piaceri della vita, e si vede ingannato; il saggio evita i mali”.
Il filosofo vede quindi nella saggezza la possibilità di discernere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra ciò che vale la pena di inseguire e cosa no. E questa capacità non può essere appresa da un libro ma è frutto di una riflessione più profonda, basata su esperienza, informazioni utili, elaborazione personale e molti altri fattori legati anche allo stato d’animo che una scelta suscita in noi.
La saggezza quindi risulta molto più stratificata della conoscenza e strettamente legata ad una morale personale, un senso del giusto che può cambiare da individuo ad individuo.
Riprendiamo la frase di un importante pensatore francese, Denis Diderot, che scrisse: “La saggezza non è altro che la scienza della felicità”.
Con questa breve descrizione Diderot mette in luce un aspetto scientifico e razionale della saggezza, che se vogliamo può essere ricondotto alle informazioni assimilate attraverso la conoscenza, ma questo aspetto razionale non è fine a sé stesso, bensì indirizzato alla ricerca della felicità, un sentimento astratto.
La felicità non può essere appresa, ma si può inseguire con ingegno e saggezza, decidendo di intraprendere quelle strade che percepiamo come moralmente corrette, come più adatte a ciò che siamo.
Quella che noi chiamiamo conoscenza, potrebbe essere assimilata a ciò che Aristotele definisce come sapienza, e il pensatore ci offre una definizione di entrambe che forse può tornare utile per il nostro obiettivo di oggi.
Secondo Aristotele, la saggezza è una “una disposizione vera, accompagnata da ragionamento, che dirige l’agire e concerne le cose che per l’uomo sono buone e cattive”, mentre la sapienza, è da intendersi come: “scienza delle realtà che sono più degne di pregio, coronata dall’intelligenza dei supremi principi”.
La conoscenza quindi è fatta di principi e informazioni che meritano di essere apprese, mentre la saggezza è un ragionamento finalizzato alla scelta tra bene o male. Ecco ancora una volta che torna la morale.
Potremmo andare avanti all’infinito a riportare esempi di frasi di pensatori come questi, che per secoli si sono posti lo stesso quesito che ci siamo domandati noi oggi.
È interessante notare come spesso le domande filosofiche riecheggino attraverso i secoli, e come la risposta ci sembri tanto ovvia da faticare tuttavia a trovarla. La verità è che non ci sarà mai una risposa sola, perché non si tratta di un problema matematico con un solo risultato o di qualcosa indagabile scientificamente all’interno del cervello umano, la saggezza e la conoscenza rimangono ancorate ad un livello astratto in cui è possibile addentrarsi solo lasciando da parte certe rigidità razionali.
Discorsi filosofici a parte, abbiamo capito che la saggezza è un passo oltre alla conoscenza, perché ci guida nelle scelte di vita e si nutre di queste per potersi evolvere e crescere insieme a noi, ma pone anche le basi per aumentare le nostre conoscenze perché ci guida anche nell’apprendimento.
Vogliamo concludere con il pensiero di un filosofo latino particolarmente interessante, la cui definizione di “saggio” potrebbe risultare la più convincente di tutte quelle che vi abbiamo elencato fino ad ora. Per Seneca l’uomo saggio è un uomo coraggioso, che rimane fermo sul posto nonostante tutto ciò che gli capita attorno, forte delle sue convinzioni e della sua morale:
«Al saggio non può capitare nulla di male: non si mescolano i contrari. Come tutti i fiumi, tutte le piogge e le sorgenti curative non alterano il sapore del mare, né l’attenuano, così l’impeto delle avversità non fiacca l’animo dell’uomo forte: resta sul posto e qualsiasi cosa avvenga la piega a sé; è infatti più potente di tutto ciò che lo circonda.»
– Seneca, La Provvidenza
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