Essere figlio unico può comportare delle difficoltà sia durante la crescita che in età adulta, ecco quali sono
Il primo ambiente sociale in cui siamo inseriti quando veniamo al mondo è quello familiare e da questo ambiente dipende gran parte della persona che diventeremo “ da grandi”.
Basti pensare al ruolo della madre e alle tipologie di attaccamento e a quanto siano in grado di influenzare in modo duraturo la personalità e l’equilibrio emotivo e psicologico del figlio.
Un aspetto importante che spesso viene sottovalutato però è la presenza o l’assenza di fratelli o sorelle. Infatti, essere figli unici può comportare degli effetti negativi durante la crescita, in grado di protrarsi anche in età adulta, tanto quanto quelli relativi all’attaccamento. Ma vediamo più da vicino quali sono questi effetti e perché sono riconducibili all’essere figli unici.
L’importanza del confronto con un proprio pari
Potersi confrontare con un fratello o una sorella, anche di età diversa, dà la possibilità a bambini e adolescenti di avere un termine di paragone in grado di controbilanciare il parere dei genitori.
Un fratello o una sorella può convalidare il parere dei genitori o darne uno contrastante, e questo aiuta a creare un proprio senso critico. Inoltre, avere la possibilità di confrontarsi con una persona che si sente più vicina in termini di età o anche solo di ruolo interno alla famiglia, può aiutare a gestire meglio lo stress.
Un confidente a cui raccontarsi
Tra genitori e figli, durante la crescita, esiste una sorta di velo di separazione. Non intendiamo un muro divisorio invalicabile, ma una sorta di filtro che non fa sentire i figli pienamente liberi di confidarsi con i propri genitori. Non è qualcosa di preoccupante, ma di fisiologico, a meno che ovviamente non ci si trovi all’interno di ambienti familiari repressivi o particolarmente rigidi, in cui tale atteggiamento non è più naturale ma forzato dalle circostanze.
In ogni caso, avere un fratello o una sorella con cui aprirsi e raccontare ciò che ai genitori non si dice, può essere d’aiuto per sentirsi più leggeri e ricevere un parere da una persona che si sente vicina. Il legame fraterno, infatti, gioca un ruolo protettivo importante e fa sentire tutelati in ogni caso, che si tratti di fratelli o sorelle maggiori o minori.
Un triangolo doloroso da gestire
Spesso, nelle famiglie composte da genitori e un unico figlio o un’unica figlia, può andarsi a creare una sorta di fuga a triangolo, in cui il figlio viene posto in mezzo a controversie tra adulti. Questo si verifica ad esempio in situazioni di divorzio o di separazione dei genitori, in cui il figlio si ritrova a subire pressioni da entrambi i “vertici” di questa struttura a triangolo, senza la possibilità di potersi raccontare o aprire con qualcuno che lo capisca davvero.
Inoltre, in famiglie con un solo figlio, aumentano le probabilità che i genitori investano tutte le loro aspettative sull’unico figlio, aumentando la pressione e gli standard così tanto da fare sentire il bambino inadatto. La presenza di un fratello o di una sorella aiuta a smorzare questo effetto, perché è come se tali aspettative venissero divise già equamente in due.
Una grossa responsabilità quando si è grandi
Essere figli unici può diventare motivo di stress e ansia anche da adulti. Infatti, quando i ruoli si invertono e sono i figli a doversi prendere cura dei genitori, non avere fratelli o sorelle su cui poter contare per gestire le eventuali cure o necessità di genitori anziani può diventare un fardello pesante da portare addosso, sia emotivo che economico.
La sindrome da figlio unico
E se essere figli unici diventasse una vera e propria sindrome? Secondo G.S. Hall, psicologo e pedagogista, essere figlio unico era a tutti gli effetti una malattia. Ma in realtà ci sono più fattori da considerare per non arrivare a fare di tutta l’erba un fascio.
A determinare gli effetti negativi dell’essere figlio unico, compartecipano:
- età dei genitori
- fattori socioeconomici della famiglia
- eventuali separazioni o lutti
- personalità e carattere dei genitori
In particolare, l’ultimo punto fa riferimento a genitori insicuri, che tendono a proteggere l’unico figlio da qualsiasi tipo di potenziale minaccia.
Nonostante questi fattori però, ci sono delle possibili conseguenze evidenziate da Sorensen che sembrano accomunare, seppur con livelli e gravità differenti, un po’ tutti i bambini che crescono senza fratelli o sorelle. Ecco quali:
- Senso di solitudine: il bambino sente di non avere nessuno con cui potersi confrontare.
- Dipendenza dai genitori: il bambino fatica ad avere dei propri ideali e a staccarsi dal parere dei genitori. In più, da adulto potrebbe avere difficoltà a separarsi fisicamente da loro.
- Egocentrismo e bisogno di essere al centro dell’attenzione: avere avuto a lungo tutte le attenzioni su di sé potrebbe provocare un certo narcisismo e bisogno di essere al centro dell’attenzione anche in altri contesti di vita.
Secondo Sorensen, quindi, trovarsi a crescere da soli in stretta dipendenza con i genitori può comportare una difficoltà nel ritagliarsi il proprio spazio anche da adulti e un bisogno inconscio di volere essere al centro dell’attenzione o di dimostrarsi viziati. Ovviamente tutto questo non è generalizzabile perché ogni persona è diversa come sono differenti i contesti ambientali in cui ci si ritrova a crescere.
La differenza la fanno i genitori
In poche parole, essere figli unici rende le dinamiche familiari più complesse e difficili da gestire, infatti è più facile cadere in errore e gettare sull’unico figlio pressioni gratuite o farlo diventare oggetto di conflitti quando non ci sono altri membri della famiglia su cui poter spalmare le stesse ansie, preoccupazioni o aspettative.
Un buon modo per cercare di stemperare gli effetti negativi dell’essere figlio unico è cercare di favorire nel bambino una maggiore socialità e inserirlo in contesti in cui può andare a ricercare un confronto con i propri pari, cercare di non proiettare su di lui troppe aspettative e lasciargli modo di seguire la sua strada evitando di farlo sentire non all’altezza.
Perciò è chiaro che essere figli unici può essere un problema, fino a diventare una vera e propria sindrome, solo se i genitori non sono in grado di gestire al meglio le dinamiche interne alla famiglia, sta agli adulti assicurarsi che l’ambiente familiare sia il più possibile positivo e di supporto per i figli, a prescindere dalla loro quantità.