Le proprietà benefiche della natura non sono solo una scoperta umana. Ecco l’omeopatia applicata dagli orangotanghi
Diverse tipologie di animali mettono in pratica comportamenti auto-medicanti. Basti pensare al cane, che quando prova dolore ad una zampa o a qualsiasi altra parte del corpo comincia a leccarsela nel tentativo di lenire il dolore e disinfettarla con la saliva.
Nel caso degli orangotanghi però, gli studiosi hanno avuto modo di osservare un comportamento auto-medicante particolare, che vede come protagoniste le foglie dell’Akar Kuning, una pianta con diverse proprietà medicinali.
Al Parco Nazionale di Gunung Leuser in Indonesia, nel 2022, alcuni studiosi hanno notato che un orangotango maschio, dopo essersi provocato una ferita alla faccia incidentalmente, ha masticato le foglie dell’ Akar Kuning, pianta utilizzata nella medicina tradizionale come antibatterico naturale, e se le è anche applicate sul volto per coprire la ferita.
Questa pianta ufficialmente si chiama Fibraurea tinctoria e il maschio di orangotango di nome Rakus, ha provveduto a spalmarsi i suoi succhi sulla ferita per sette minuti, per poi cospargere l’area con le foglie premasticate.
Successivamente, per mezzo’ora Rakus si è nutrito della pianta. Il risultato? La ferita si è rimarginata in cinque giorni senza il minimo segno di infezione.
Isabelle Laumer, l’autrice principale dello studio, nonché biologa cognitiva presso il Max Planck Institute of Animal Behavior, ha dichiarato che questa scoperta metta in luce degli aspetti decisamente importanti relativi al comportamento degli orangotanghi:
“Quello che penso sia interessante è che questo comportamento sembra essere intenzionale e orientato agli obiettivi. Ha applicato con precisione la materia vegetale alla sua ferita più volte per un periodo prolungato. Ha trattato selettivamente la sua ferita e non altre parti del corpo”.
E continua spiegando come nessun altro studio in precedenza avesse messo davvero in luce un comportamento auto-medicante di questo tipo. Infatti, nelle ricerche antecedenti a questa, gli studiosi erano riusciti ad evidenziare solo come alcune specie animali andassero alla ricerca di determinate piante con cui nutrirsi per alleviare uno stato di malessere, ma mai erano state utilizzate foglie o piante applicandole direttamente sulla parte lesa.
“La nostra osservazione di Rakus che applica questa pianta è forse la prima registrazione della gestione attiva delle ferite con una sostanza biologicamente attiva da parte di un animale selvatico”
Questa domanda ha diverse risposte plausibili. Rakus potrebbe aver creato una correlazione tra pianta e proprietà curative in modo casuale, ad esempio potrebbe essersi toccato una ferita dopo aver mangiato la pianta e aver percepito dei benefici durante la guarigione, correlazione causa-effetto che lo ha indotto a rimettere in pratica tale comportamento. Oppure, questa informazione potrebbe essere stata ereditata dai suoi genitori o ancora appresa socialmente osservando il comportamento di altri orangotanghi.
L’uomo ha imparato ad auto-medicarsi a partire dal 2200 a.C. con erbe, miele, oli e altri ingredienti naturali che negli anni ha scoperto essere funzionali per il proprio benessere e la propria salute e questo mostra l’ennesimo aspetto che accomuna l’uomo alle scimmie, così simili a noi sotto molti punti di vista.
A tal proposito, Isabelle Laumer ha spiegato che questa scoperta riaccende la speranza di scoprire quanti altri meccanismi comuni ci siano tra uomo e scimmia oltre a quelli già noti:
“Sembra che le forme di trattamento attivo delle ferite siano presenti non solo negli esseri umani, ma anche forse nelle scimmie africane – gli scimpanzé che trattano le ferite con le mosche – e nelle grandi scimmie asiatiche, gli oranghi di Sumatra. Quindi, potrebbe esserci un meccanismo di base comune per riconoscere e applicare sostanze con proprietà medicinali. È possibile che il nostro ultimo antenato comune abbia già mostrato forme simili di questo comportamento di trattamento della ferita”.
L’omeopatia fonda la sua forza sul potere curativo della natura ed è interessante notare come questi benefici siano evidenti anche per gli orangotanghi, che non possono avere una conoscenza teorica in merito come possiamo averla noi ad oggi, ma hanno basato la loro conoscenza sull’esperienza, proprio come l’uomo di migliaia di anni fa che per la prima volta ha testato sulla sua pelle quanto una semplice foglia potesse avere poteri curativi.
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