Ancora oggi è possibile ammirare dei calchi delle vittime dell’eruzione di Pompei avvenuta nel 79 d.C., ecco come vengono effettuati
Nel 79 d.C Pompei è stata rasa al suolo da un’eruzione vulcanica che ha profondamente segnato la storia.
Successivamente all’eruzione, un flusso piroclastico ha investito Pompei a una velocità sconcertante, ricoprendo le vittime della prima ondata, ed è proprio a causa di questo flusso che ad oggi possiamo ammirare i calchi delle vittime: l’ondata piroclastica è andata ad inglobare i corpi che con il tempo si sono decomposti, lasciando solo il vuoto un tempo occupato dal loro cadavere, all’interno dello strato di cenere.
Ecco come sono stati realizzati i calchi delle vittime di Pompei e chi è l’inventore di questa importante tecnica.
«Ritorno adesso da Pompei ed ho l’animo pieno di mestizia per uno spettacolo miserando. È impossibile vedere quelle tre sformate figure, e non sentirsi commosso. Sono morti da diciotto secoli, ma sono creature umane che si vedono nella loro agonia. Lì non è arte, non è imitazione; ma sono le loro ossa, le reliquie della loro carne e de’ loro panni mescolati col gesso: è il dolore della morte che riacquista corpo e figura… Finora si è scoverto templi, case ed altri oggetti che interessano la curiosità delle persone colte, degli artisti e degli archeologi; ma ora tu, o mio Fiorelli, hai scoverto il dolore umano, e chiunque è uomo lo sente».
Queste parole di Luigi Settembrini sono il modo migliore per cominciare a parlare di quella che è stata una grande intuizione di Giuseppe Fiorelli, un famoso archeologo italiano che ha saputo trasformare l’impronta dei vuoti nella cenere dei corpi delle vittime di Pompei in veri e propri calchi.
Quando Fiorelli divenne direttore del sito archeologico di Pompei nel 1863, decise di provare a fare colare una miscela di gesso e acqua nei vuoti un tempo occupati dai cadaveri delle vittime e il risultato fece rimanere i presenti senza parole: ne ricavò un calco perfetto della vittima sepolta sotto cenere e macerie, nell’esatta posizione in cui si trovava nel momento in cui il flusso l’aveva travolta.
Questa tecnica ha permesso di ricostruire con estremo realismo, non solo uno degli eventi più tragici della storia, ma alcuni interessanti aspetti delle vittime come: i vestiti che indossavano, le loro espressioni, la loro postura e ogni altro elemento conservato per secoli in quei sedimenti di cenere.
Nel 2020, sono stati ritrovati dei nuovi “vuoti” nello strato di cenere indurita e le relative ossa delle vittime. Anche in questo caso gli archeologi sono andati ad eseguire una colata di gesso facendo riemergere dal passato le fattezze di due uomini, sorpresi dalla seconda ondata piroclastica mentre cercavano di fuggire. Infatti, i due si trovavano a Villa Civita Giuliana a 700 metri a nord da Pompei.
Ecco come sono stati eseguiti i calchi, passaggio per passaggio:
Questi ritrovamenti mettono i brividi perché, proprio come ha scritto Luigi Settembrini, non si tratta di sculture o opere d’arte, ma della rappresentazione realistica degli ultimi istanti di vita di persone esistite davvero secoli fa.
Un calco talmente tanto accurato da lasciare trasparire il dolore e la paura che hanno provato in quegli ultimi momenti di vita.
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