Gli algoritmi regolano sempre di più i nostri rapporti sociali e questo può avere delle conseguenze psicologiche molto negative
Siamo abituati ad apprezzare gli algoritmi che regolano il variegato mondo dei social network e a considerarli utili grazie alla loro capacità di scremare al posto nostro i contenuti, proponendoci solo quelli più in linea con il nostro profilo.
Da un certo punto di vista è sicuramente vero, anche perché ogni piattaforma social si basa proprio sul funzionamento algoritmico, e questo ci evita di scrollare più di quanto già siamo abituati a fare. Ma oggi vogliamo farvi riflettere sul risvolto negativo che possono avere rispetto al nostro benessere psicologico.
Ogni giorno veniamo esposti a migliaia di contenuti attraverso le piattaforme social che utilizziamo maggiormente, a livello statistico Instagram e TikTok, ma i social network in quel momento ci stanno osservando, o meglio stanno prendendo nota del nostro comportamento all’interno della piattaforma, “segnandosi” cosa guardiamo per più tempo, a che tipo di contenuti e argomenti mettiamo like o commentiamo.
In poche parole? Vanno a creare un algoritmo in grado di fornirci contenuti sempre più soddisfacenti che ci inducano a prolungare la nostra permanenza sul social.
Questo può diventare un problema se pensiamo che il nostro umore può influenzare le nostre ricerche o le nostre interazioni sui social. Ad esempio, se abbiamo appena litigato con un amico, probabilmente guarderemo più a lungo un video che parla di amicizia tossica, oppure metteremo like a post con pensieri più tristi, reel con canzoni di sottofondo malinconiche e così via. Questo avviene perché le nostre azioni sul social corrispondono a come ci sentiamo effettivamente in quel momento.
L’aspetto negativo è che questo induce a ruminare, ovvero continuare a pensare alla stessa cosa, e a non riuscire mai a lasciare fuori dalla nostra mente il pensiero intrusivo relativo alla nostra amicizia distrutta o al nostro sentimento negativo. Si va a creare così un circolo vizioso in cui più ci si sente tristi, più comparianno contenuti tristi che faranno peggiorare l’umore.
La ruminazione mentale può essere complicata da disinnescare, soprattutto se veniamo continuamente esposti a stimoli che ci riportano all’interno del suo tunnel.
Gli algoritmi sono talmente efficaci che ci incatenano letteralmente allo schermo facendoci dimenticare dell’esistenza di un mondo reale.
Questa assuefazione può diventare nociva per le relazioni interpersonali che abbiamo nella realtà. Ad esempio, uno studio recente ha dimostrato che il 28% degli intervistati ha dichiarato di avvertire un senso di distanza emotiva da alcuni loro stessi familiari, come ad esempio dai loro fratelli.
Questo straniamento si avverte più che mai nel rapporto bambini e adulti, infatti i bambini scoprono internet sempre prima, e questo provoca un allontanamento emotivo e psicologico da tutto ciò che riguarda il mondo reale, tra cui gli affetti.
Per capire meglio il fenomeno, andiamo ad elencare le modalità con cui gli algoritmi intaccano i nostri legami sociali e perché, cominciando da quello che possiamo definire bias di conferma:
Sui social succede, più o meno, la stessa cosa, ovvero veniamo esposti a contenuti concordi alle nostre idee in modo tale da suscitare il nostro gradimento e mai a contenuti discordanti, o comunque meno spesso. Questo potrebbe renderci ancora più testardi e portarci a voler prevalere sugli altri imponendo la nostra idea.
Esistono diversi modi per riuscire a tutelarsi dagli effetti corrosivi degli algoritmi social, e alla base hanno tutti un minimo comune denominatore: prendere distanza e cambiare prospettiva.
L’unico modo per non restare vittime indifese degli algoritmi è allenare il pensiero critico, razionalizzare, fare un passo indietro e prendere le distanze.
Fare della pause, passare più tempo facendo attività nella vita reale piuttosto che passare svariate ore sui social, può aiutare a ridimensionare quell’universo e a farci tornare ad avere un contatto con la realtà e con i nostri amici più sano e meno artificiale.
Bisogna sempre ricordarsi che quello che vediamo online è ciò che gli algoritmi ci somministrano, e l’unico modo per non perdere il contatto con la vita vera è essere consapevoli di questo “inganno”.
La consapevolezza, come al solito, è l’arma migliore che abbiamo per proteggere il nostro benessere psicologico: sapere come funziona qualcosa, dare una spiegazione razionale a come ci sentiamo, ci permette di mettere quella distanza che abbiamo già citato, e di valutare la nostra posizione sotto una nuova luce.
Il contatto umano, il sorriso visto dal vivo piuttosto che in un selfie, l’abbraccio rispetto a un semplice messaggio con scritto “ti voglio bene”, sono estremamente potenti e ci ricordano come l’uomo sia a tutti gli effetti un “animale sociale” e non un profilo social.
A volte ce lo dimentichiamo, perché rimaniamo intrappolati nella tela che gli algoritmi tessono accuratamente per noi, ma basta alzare gli occhi dallo schermo per qualche ora in più al giorno, per notare quanto in realtà rischieremmo di perderci rimanendo prigionieri di quel mondo fittizio.
In conclusione, possiamo dire che i social funzionano bene proprio grazie agli algoritmi, ma che la nostra vita sociale e il nostro benessere psicologico possono “smettere di funzionare” proprio a causa loro. Ora che lo sapete avete qualche elemento in più per difendervi dal loro potere.
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