I Romani non perdonarono mai le origini etrusche di Tarquinio il Superbo e il fatto di aver privato l’aristocrazia degli antichi privilegi di cui godeva
Lucio Tarquinio, ultimo re di Roma tra il 535 e il 509 a.C, è passato alla storia con il soprannome di Superbo, accompagnato da una vera e propria leggenda nera che lo ha descritto come un despota della peggior specie.
Non sono moltissime le notizie biografiche su Tarquinio il Superbo, ma esse, a parte qualche inevitabile tratto leggendario, sembrano certe e autentiche, pertanto il ritratto umano e politico che se ne ricava sembra essere del tutto veritiero.
L’appellativo di Superbo gli venne conferito allorché impedì lo svolgimento dei funerali al predecessore, adducendo la pretestuosa motivazione che neppure Romolo aveva avuto funerali solenni.
A costruire la sua leggenda furono gli stessi storici romani, primo fra tutti Tito Livio (59 a.C. -17 d.C.): secondo le fonti antiche, infatti, Tarquinio avrebbe conquistato il trono uccidendo il predecessore, Servio Tullio, avrebbe ammazzato la moglie Tullia (nonché figlia di Servio Tullio) per poterne sposare la sorella e ridotto in schiavitù la plebe di Roma, costringendola a costruire templi ed edifici destinati a perpetuare la sua gloria. Infine, fu accusato di essersi “intascato” i bottini di guerra, per aumentare il proprio patrimonio e di aver regnato snobbando il Senato.
Inoltre, consapevole di aver raggiunto il potere illegalmente e per questo costretto a difenderlo instaurando un regime di terrore, decise di occuparsi da solo delle questioni capitali, facendo a meno di consiglieri – arrogandosi il diritto di condannare o assolvere a suo piacimento -, di mandare in esilio chiunque lo ostacolasse o che non gli garbasse e di confiscare beni a chi desiderava.
Tarquinio ottenne molti successi in campo militare: sconfisse i Volsci, conquistò la città di Gabi, fece la pace con gli Equi e rinnovò l’alleanza con gli Etruschi. Inoltre si preoccupò di stabilire con i Latini rapporti di amicizia e parentela, per rafforzare i quali dette in sposa la figlia al nobile Ottavio Mamilio Tuscolano.
Suo grande nemico interno era Lucio Giuno Bruto, figlio della sorella del re, deciso a far cedere la Monarchia. Egli fu abile nell’incitare il popolo alla ribellione, facendo leva sulle condizioni ingiuste cui i cittadini erano sottoposti, e finalmente il tiranno fu deposto e cacciato insieme alla sua famiglia.
La goccia che fece traboccare il vaso fu lo stupro perpetrato dal figlio di Tarquinio ai danni della nobile Lucrezia, che si suicidò per la vergogna. Una rivolta popolare guidata da suo marito Collatino e da Lucio Giunio Bruto portò così alla fine del dominio del Superbo, al crollo della monarchia e alla nascita della Repubblica romana.
In realtà studi recenti attestano che Tarquinio fu un abile sovrano, che allargò i domini di Roma grazie a vittoriose campagne militari e alla diplomazia e fece anche grandi opere pubbliche per l’Urbe, che accrebbero di potere e prestigio la città.
In politica estera invece, il settimo e ultimo re di Roma si assicurò il controllo della costa laziale, dove fondò alcuni empori commerciali in accordo con le comunità locali.
Ciò sembrerebbe avvalorato dal primo trattato fra Roma e Cartagine, che anche se concluso nel 509 a.C. quindi dopo la deposizione del Superbo, deve necessariamente e logicamente far presupporre che vi fosse una situazione storica territoriale favorevole creata in precedenza e risalente proprio all’ultimo periodo della Monarchia.
Ma aveva due gravi difetti, intollerabili per i Romani dei secoli successivi: era di origine etrusca e quindi ricordava che c’era stato un tempo in cui Roma non era la padrona d’Italia ma era controllata proprio dagli Etruschi e aveva cercato di privare i patrizi, e cioè l’aristocrazia, dei propri privilegi, esercitati attraverso il Senato.
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