Piccole, pungenti e laboriose: ecco come fanno le api a produrre il miele zuccherino che ci piace così tanto
Le api si danno molto da fare, sia all’interno dell’alveare che all’esterno. Ma sorge spontaneo chiedersi come facciano a produrre l’alimento naturale più dolce e gustoso di tutti: il miele.
In questo articolo, spiegheremo come fanno le api a produrre il miele e quanta fatica e impegno ci vuole per dare vita a questa bontà naturale.
Per rispondere a questa domanda bisogna partire dall’inizio, e lo faremo scomponendo questa macro domanda in domande più piccole, che ci aiuteranno a ricostruire ogni fase necessaria per dare vita al miele.
Le api si avventurano fuori dall’alveare, alla ricerca dei fiori perfetti su cui poggiarsi per raccogliere il nettare, una secrezione zuccherina della pianta costituita da acqua, zucchero, vitamine e sali minerali.
Per trasportarlo fino all’alveare, sfruttano uno stomaco speciale, separato da quello utilizzato per nutrirsi, adibito appositamente per conservare al meglio il nettare durante il viaggio di ritorno.
Lo speciale stomaco che utilizzano si chiama borsa melaria e ha una capienza di circa 40 mg; perciò, per un solo litro di nettare, le api arrivano a percorrere la bellezza di 25.000 viaggi e per produrre solo un 1 kg di miele, le api devono compiere 60.000 voli andata e ritorno.
In base alla tipologia di fiore da cui estraggono il nettare, il miele ottenuto sarà monoflora o millefiori. Questo vuol dire che, se l’apicoltore posizionerà la famiglia di api in un punto specifico con attorno un solo tipo di fiore, otterrà un miele monoflora: le api, infatti, tendono a percorrere distanze più brevi se trovano a disposizione nettare a sufficienza, e si avventurano fino a 3km di distanza, invece, se non trovano nulla nella zona limitrofa all’alveare.
No, solo le api bottinatrici, ovvero quelle api che trasportano questo bottino così importante.
Si tratta di api operaie femmine che si avventurano a raccogliere nettare e melata (una sostanza zuccherina abbandonata da alcuni insetti sui petali dei fiori), polline e acqua, già a partire dal loro ventesimo giorno di vita.
Le api bottinatrici utilizzano una piccola proboscide, chiamata ligula, per risucchiare il nettare e la melata fino a riempire del tutto la borsa melaria.
Subito dopo aver raccolto il nettare nella borsa melaria, il miele comincia la sua lavorazione; infatti, qui vengono aggiunti degli enzimi speciali, che provengono direttamente dall’apparato digerente dell’ape. Questi enzimi, cominciano a scomporre il saccarosio presente nel nettare, ottenendo così glucosio e fruttosio.
Una volta tornata all’alveare, l’ape bottinatrice consegna, o meglio rigurgita, il nettare già parzialmente lavorato nella sua borsa melaria, e qui comincia la vera e propria elaborazione del miele.
Le api si passano tra loro il nettare ingurgitandolo e rigurgitandolo, dando vita al processo chiamato trofallassi, in modo tale che il nettare venga arricchito con sempre più enzimi e venga filtrato dall’acqua.
Alla fine di 30 minuti di ingestione e rigurgito, il miele viene depositato del favo alveolare: delle cellette apposite.
Qui, le api ventilatrici ventilano il nettare per fare evaporare l’acqua rimasta e, successivamente, le api cominciano a rivestire le celle con uno strato di cera per proteggere al meglio il miele che contengono, garantendo così una conservazione ottimale.
Per le api, infatti, il miele è una scorta di cibo essenziale, da conservare per i periodi di magra.
L’ape regina si occupa di deporre le uova e decidere quali fecondare e quali no.
Da uova fecondate possono nascere api operaie o una nuova regina; infatti, tutto dipende da come viene nutrita la larva: le larve “normali” vengono nutrite con pappa reale solo i primi giorni per poi passare al miele.
Una larva che viene nutrita solo con pappa reale per tutto il suo sviluppo, diventerà la nuova ape regina.
Possiamo dire, quindi, che spetta alle api stesse designare, fin dalla nascita, la futura ape regina che guiderà l’alveare e alimentarla di conseguenza.
Viene spontaneo chiedersi se, in qualche modo, le api subiscano un danno dall’azione dell’uomo che va a raccogliere il miele che con fatica raccolgono e custodiscono. Ma, in realtà la risposta è no: non subiscono alcun danno.
Infatti, l’apicoltore non va ad attingere dalle scorte, ma dal miele depositato sopra alle arnie melari, che rimangono separate rispetto al nido, e dove le api vanno a depositare il miele in più, ovvero quello che non ci sta nell’alveare.
In conclusione, quello che mettiamo volentieri nel latte caldo o che ci piace mangiare a cucchiaiate, è il frutto di tanta fatica e dedizione da parte delle api, che lavorano di squadra senza sosta per garantire delle scorte di cibo prezioso e dolcissimo per l’alveare.
Nexting ha come obiettivo primario quello di portare innovazione nel settore del broadcasting sportivo Nexting,…
Grazie all’introduzione del robot ILY, il primo sistema robotico per la chirurgia intrarenale del Centro-Sud…
Ieri la McLaren ha vinto il campionato costruttori grazie alla performance impeccabile di Lando Norris,…
A 30 anni dalla morte di Ayrton Senna, il pilota che ha conquistato il cuore…
Nel mondo, soltanto il 2% della popolazione ha gli occhi verdi. Ecco perché sono così…
Molti pensano che parlare da soli non sia normale, ma se fosse un meccanismo utile…