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Chi era Peter Magubane, fotografo che documentò l’apartheid

“Le mie foto per la lotta di libertà”: arrestato e tenuto in isolamento per anni, Magubane contribuì a denunciare il regime razziale in Sudafrica

Peter Magubane, scomparso a 91 anni il primo giorno del 2024, era uno di quei fotografi in grado di raccontare un pezzo di mondo, anzi un pezzo, in questo caso atroce, della storia dell’umanità.

Per anni, Magubane ha documentato con le sue foto la violenza del regime razzista in Sudafrica. Ha raccontato le battaglie di Nelson Mandela, e la lotta della società civile sudafricana, compresa l’insurrezione studentesca a Soweto nel 1976.

Conosciamolo meglio allora, il fotografo che documentò l’apartheid.

Un’era di resistenza catturata nei dettagli

Peter Magubane, fotografo sudafricano, è stato una figura di spicco nel dare voce attraverso le immagini alla lotta contro il regime oppressivo dell’apartheid. Le sue fotografie non erano semplici rappresentazioni – in effetti, non lo sono mai – ma raccontavano storie di discriminazione, sofferenza e speranza in un Sudafrica diviso.

Egli immortalò le proteste, incluso l’evento tragico di Soweto nel 1976, quando gli studenti affrontarono la brutalità del regime. Una delle sue immagini più iconiche mostra una bambina bianca separata dalla sua tata nera da una panchina con la scritta “Solo per europei”, simboleggiando la segregazione imposta.

Per anni, le persone nere sono state dall’altra parte della panchina. Non potevano usare gli stessi bagni pubblici, non potevano sedersi sugli stessi sedili negli autobus, non avevano gli stessi diritti.

Cosa fu l’apartheid?

L’apartheid è stato un sistema politico e sociale di segregazione razziale istituito dal governo sudafricano nel 1948 e che è durato fino agli anni ’90. La parola “apartheid” in afrikaans, una delle lingue ufficiali del Sudafrica, significa letteralmente “separazione”.

L’obiettivo principale dell’apartheid era mantenere e istituire una gerarchia sociale basata sulla razza, dando privilegi e diritti diversi in base all’appartenenza etnica. Il governo sudafricano, controllato dalla minoranza bianca, ha creato leggi discriminatorie e istituzionalizzato la segregazione tra le varie popolazioni etniche presenti nel paese.

Le principali caratteristiche dell’apartheid

Questo sistema abominevole di discriminazione raziale si basava sui seguenti brutali principi:

  1. Separazione delle razze: Le leggi apartheid imponevano la separazione fisica tra le diverse razze. Questo significava la creazione di strutture pubbliche separate per neri, bianchi, meticci (chiamati “coloured”) e indiani, inclusi scuole, ospedali, spiagge e mezzi di trasporto. Le persone erano obbligate a frequentare istituzioni destinate alla loro razza.
  2. Gerarchia razziale: I bianchi detenevano il potere politico ed economico supremo, mentre gli altri gruppi etnici subivano discriminazioni sistematiche e avevano accesso limitato ai diritti fondamentali come la libertà di movimento, l’istruzione e l’opportunità economica.
  3. Leggi discriminatorie: Il governo ha introdotto una serie di leggi per regolamentare la vita quotidiana delle persone in base alla razza. Queste leggi includevano il divieto di matrimonio tra razze diverse, restrizioni sulla proprietà della terra, limitazioni nell’accesso all’istruzione e restrizioni sulle opportunità lavorative.
  4. Repressione e controllo: Per mantenere il sistema di apartheid, il governo ha istituito forze di sicurezza che controllavano e reprimavano qualsiasi forma di opposizione. Questo ha portato a episodi di violenza, arresti arbitrari e violazioni dei diritti umani.

Le rivolte e la fine del regime

L’apartheid ha provocato enormi tensioni sociali e politiche all’interno del Sudafrica e ha attirato l’attenzione internazionale per le sue politiche discriminatorie. Negli anni ’60 e ’70, vi furono significative manifestazioni e proteste contro il regime, spesso represse con violenza. Ed è qui che è sceso in campo anche Magubane.

Solo nel 1994, con l’elezione di Nelson Mandela a presidente, il Sudafrica riuscì a superare l’apartheid. La fine dell’apartheid portò alla creazione di una nuova Costituzione che garantiva l’uguaglianza per tutti i cittadini, indipendentemente dalla razza, e segnò l’inizio di un nuovo capitolo nella storia del paese, focalizzato sulla riconciliazione nazionale e sulla costruzione di una società democratica e inclusiva.

La repressione e l’arresto del fotografo

Il prezzo della dedizione di Peter Magubane fu alto: venne arrestato più volte, accusato semplicemente di documentare l’opposizione al regime dell’apartheid, considerato un crimine dalla polizia.
Trascorse mesi in isolamento, subendo intimidazioni e limitazioni alla sua attività fotografica. Tuttavia, il suo spirito indomito lo portò a disobbedire agli ordini, continuando a catturare la realtà che il governo cercava di nascondere.

Nascondeva la sua macchina pur di immortalare

Nei momenti più pericolosi, Magubane utilizzò astuzia e coraggio per immortalare la verità.

Ad esempio nascose la sua macchina fotografica in un pane, fingendo di mangiare mentre catturava immagini di manifestazioni e situazioni critiche, come il massacro di Sharpeville del 1960, sfidando l’oppressione attraverso la sua arte.

Scatti di Magubane | EPA @ADAM WARZAWA POLAND OUT – Mentiscura.com

Una voce e un occhio per il popolo

Nonostante le minacce e la detenzione, Magubane non ha mai smesso di credere nella potenza della sua arte per raccontare e influenzare il mondo.

La sua visione era chiara come una fotografia: per salvare il Sudafrica, il mondo doveva vedere la verità. La sua perseveranza e il suo impegno hanno contribuito a portare la lotta sudafricana per la libertà agli occhi del mondo.

Celebre, fra le altre, la fotografia che mostra dei cadaveri di manifestanti coperti da un giornale. Il titolo del giornale dice: “Questo è ciò in cui credo, detto da un sudafricano”.

La sua eredità persistette e persiste oggi

Quando Nelson Mandela fu rilasciato nel 1990, scelse Magubane come suo fotografo ufficiale, riconoscendo il valore delle sue immagini nella storia del movimento anti-apartheid. Attualmente, la testimonianza visiva di Magubane continua ad essere celebrata come un monumento alla resistenza, una testimonianza vivente dei giorni bui e della vittoria finale della libertà.

Le parole del presidente sudafricano Cyril Ramaphosa e del ministro della cultura Zizi Kodwa rimangono un tributo commovente al contributo di Magubane alla storia sudafricana. La sua fotografia non è stata solo un’espressione artistica, ma un grido di libertà e un faro di speranza per un popolo oppresso.

“Le mie foto per la lotta di libertà”

Oggi, mentre il Sudafrica si evolve e cresce oltre il suo passato di divisione e oppressione, l’eredità di Peter Magubane rimane come una pietra miliare della resistenza e una testimonianza tangibile della forza dell’arte nell’incidere cambiamenti sociali profondi.

La sua vita e il suo lavoro sono una lezione preziosa su come un individuo, armato di una macchina fotografica e una visione, possa sfidare l’ingiustizia e ispirare il cambiamento.

Matilde Brizzi

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