Camminare sul ghiaccio è praticamente impossibile. Ma cosa rende il ghiaccio così tanto scivoloso? Ce lo spiega la Scienza
In questo periodo dell’anno ci si gode la montagna, la neve e gli sport invernali come lo sci e il pattinaggio. Sicuramente il ghiaccio è un fattore a cui bisogna fare attenzione quando si va ad alta quota, ma anche quando si cammina in inverno per le strade della città. Infatti, non è in agguato solo in montagna ma anche sulle strade e sui marciapiedi che percorriamo ogni giorno.
L’unico modo per mettersi al riparo, è conoscere il nostro nemico così bene da anticipare le sue mosse, o meglio: sapere quali mosse fare e non fare per evitare una caduta rovinosa quando entriamo in contatto con il ghiaccio.
Ma cosa rende il ghiaccio così pericoloso? E a cosa è dovuto l’”effetto scivolamento” ogni volta che ci camminiamo sopra? Scopriamolo insieme.
Un pavimento bagnato non è neanche lontanamente scivoloso quando una lastra di ghiaccio. Questa constatazione potrebbe sollevare qualche dubbio. Infatti, se l’elemento che causa lo scivolamento è l’acqua, dovrebbe valere la stessa teoria in entrambi questi casi. Come mai, allora, una lastra di ghiaccio è decisamente più pericolosa?
La Scienza è venuta in nostro soccorso con una teoria interessante, scoperta solo negli ultimi anni, che riguarda la pressione che il nostro corpo esercita su una superficie ghiacciata. Ma entriamo un po’ più nel dettaglio di questa nuova scoperta scientifica.
Quando camminiamo su una superficie ghiacciata esercitiamo una pressione su questa, dovuta al nostro peso. Aumentando la pressione sul ghiaccio, la temperatura di fusione di quest’ultimo tende a diminuire. Perciò, più una persona è pesante, più pressione esercita sul ghiaccio e tanto più ghiaccio si fonderà in conseguenza a questa pressione.
Lo strato di acqua che si va a creare da questa fusione, è il diretto responsabile dell’effetto lubrificante che percepiamo quando non riusciamo a camminarci sopra. Questo sottile strato di acqua può essere spesso da 1 a 100 nanometri. Si tratta, quindi, di uno strato acquoso davvero sottilissimo, ancora più sottile di un capello umano, ma che diventa il diretto responsabile della nostra dolorosa caduta.
Secondo la Scuola Normale di Parigi e della Sorbona, l’attrito ha un ruolo specifico nelle nostre cadute sul ghiaccio. Gli studiosi hanno scoperto, infatti, che lo strato acquoso che abbiamo appena citato, in realtà non è composto unicamente da acqua ma anche da ghiaccio tritato. Ed è proprio questo mix letale che non consente ai nostri piedi di esercitare un attrito sufficiente a farci rimanere in piedi quando entriamo in contatto con il ghiaccio.
Più ci muoviamo velocemente sul ghiaccio, più questo strato pericoloso semi liquido non ci consentirà una corretta stabilità e, in poche parole, ci ritroveremo a gambe all’aria in pochi secondi. Questo avverrà soprattutto se inizieremo a muoverci in modo scomposto e veloce nel tentativo di riacquisire l’equilibrio perso.
Queste scoperte scientifiche aiutano le persone a capire meglio un fenomeno di vita quotidiana potenzialmente pericoloso, ma sono anche informazioni molto utili per le aziende produttrici di pattini da ghiaccio.
Infatti, più conoscenza si riesce ad acquisire rispetto al ghiaccio e alle sue proprietà di scivolamento, più si possono andare a realizzare pattini da ghiaccio efficienti e precisi, che possano garantire all’atleta prestazioni migliori e una velocità mai raggiunta prima.
In conclusione, il ghiaccio può essere un nemico da conoscere per potersi proteggere, o un compagno di squadra di cui bisogna imparare a sfruttare al meglio le potenzialità.
In ogni caso, è interessante notare come qualcosa che pensavamo di conoscere già così bene, nasconda tutt’ora degli aspetti segreti e interessanti da indagare e scoprire. Ma, in fondo, è proprio questo il bello della Scienza: continuare a porsi domande e non accontentarsi mai delle risposte.
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