Nuove scoperte e rivelazioni sono in grado di fare chiarezza su come e quando i primi esseri umani hanno raggiunto il Nord America
Ricostruire gli eventi passati può essere complesso tanto quanto prevedere quelli futuri. Infatti, non si finisce mai di cercare elementi che possano rispondere alle domande sulla nostra storia, e chiarire aspetti che ancora oggi restano oscuri.
La domanda a cui i ricercatori hanno cercato di dare risposta, e che vogliamo approfondire con questo articolo, è: quando e come gli esseri umani sono arrivati in Nord America per la prima volta? La risposta, sorprendentemente, ce la danno delle ossa di coniglio.
Uno studio pubblicato su Latin American Antiquity, dimostra che i primi esseri umani abbiano raggiunto l’area settentrionale dell’America, più di 30.000 anni fa, quasi 20.000 anni prima di ciò che affermava in passato la storiografia. Uno dei ricercatori, Andrew Somerville, racconta in questo modo l’obiettivo della ricerca:
“Stavamo studiando le origini dell’agricoltura nella valle di Tehuacan, in Messico. E volevamo stabilire una data per la prima occupazione umana della grotta di Coxcatlan, che si trova nella valle”
Analizzando le ossa di coniglio e di cervo ritrovate nella grotta negli anno ’60, i ricercatori sono arrivati ad una scoperta inattesa: i campioni di ossa dimostrano che quegli animali vennero uccisi all’incirca 30.000 anni fa.
Per dimostrare che quelle ossa sono state portate all’interno della grotta da esseri umani e non da altri predatori, hanno analizzato i segni di taglio sui campioni ossei, che indicherebbero proprio una macellazione effettuata da mani umane.
Se l’uomo è arrivato in Nord America oltre 30.000 anni fa, significa che si trovava già in quelle aree prima del periodo dell’ultima glaciazione, quando il Nord America era decisamente inadatto alla vita umana a causa delle temperature rigidissime e della presenza di ghiacciai. Ma se fossero stati proprio i mari congelati a fare da ponte e permettere questa migrazione?
Si pensa che l’uomo sia sopraggiunto in queste aree attraversando Beringia, un’area emersa durante la glaciazione, situata tra l’Asia e il Nord America. Una ricerca molto attuale sembrerebbe dare ragione a questa ipotesi.
Una ricostruzione paleoclimatica ha consentito di stabilire che il nord-ovest del Pacifico ghiacciato potrebbe essere stato la strada perfetta da percorrere per arrivare a destinazione, ovvero in Nord America. Camminare sulla superficie ghiacciata, avrebbe permesso di raggiungere territori altrimenti irraggiungibili attraverso il continente.
I ricercatori dell’US Geological Survey, tra cui Summer Praetorius, hanno analizzato il plancton fossilizzato nei sedimenti lungo la costa di queste aree. L’analisi ha aiutato ad identificare le temperature oceaniche, la salinità dell’acqua e la copertura del ghiaccio marino dell’epoca, ricostruendo come, effettivamente, doveva essere questa superficie ghiacciata.
Il team di Praetorius, inoltre, ha utilizzato dei modelli climatici per scoprire di più sulle correnti oceaniche presenti durante l’ultimo massimo glaciale. Queste erano forti più del doppio rispetto a quelle attuali che animano il Pacifico. Infatti, i potenti venti glaciali e i livelli del mare più bassi, rendevano le acque dell’oceano altamente pericolose. Sembra, quindi, impossibile che l’uomo possa essere arrivato solcando queste acque con barche improvvisate.
I primi americani, potrebbero aver percorso questa autostrada ghiacciata per cacciare, ma dimostrarlo è complicato in quanto molte delle prove che potrebbero aiutare a ricostruire questo passaggio, si trovano nelle profondità nell’oceano.
Eppure, il passaggio sull’autostrada di ghiaccio marino sarebbe la spiegazione più plausibile anche di altre migrazioni avvenute meno anni fa. Infatti, i modelli presentati durante la ricerca, indicano che la corrente dell’Alaska si è calmata solo 14.000 anni fa, rendendo possibile solo allora solcare le acqua impervie del Pacifico con una barca.
Summer Praetorius e i suoi collaboratori hanno presentato questa ricerca all’American Geophysical Union Annual Meeting (AGU23) a San Farcisco, che ha visto la partecipazione di più di 24.000 esperti. Summer Praetorius ha concluso in questo modo l’esposizione delle sue avvincenti scoperte:
“Niente è fuori discussione. Saremo sempre sorpresi dall’antico ingegno umano.”
Dobbiamo ammettere che Summer ha proprio ragione. L’uomo è stato in grado di sopravvivere affrontando una moltitudine di avversità nel corso dei secoli, cercando soluzioni per scendere a patti con un ambiente naturale spesso ostile. Ma grazie a ingegno, perseveranza e inventiva, ha sempre trovato la strada, ghiacciata o meno, per sopravvivere.
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