Sono 51 i siti, distribuiti in sei Regioni, individuati dal governo: dal Lazio al Piemonte passando per Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. I primi cittadini alzano le barricate. L’unica auto candidatura viene da Trino Vercellese, in Piemonte
Comuni sul piede di guerra dopo che il ministero dell’Ambiente ha pubblicato la lista delle aree idonee a ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive. Ora dopo ora si allarga il fronte dei primi cittadini che alzano le barricate. Secondo le norme europee, tutti gli Stati membri dell’Ue sono obbligati a dotarsi di un deposito di scorie nucleari ma l’Italia, dopo anni di studi, rinvii e molte polemiche, non ha ancora individuato un’area. “È un nostro dovere individuare entro questa legislatura il sito per il deposito nazionale dei rifiuti nucleari, ha detto il titolare dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin.
Le aree idonee per il deposito delle scorie radioattive
Sono 51 le zone, distribuite in sei regioni, in lizza per ospitare in via definitiva i rifiuti radioattivi di bassa e media attività. La lista, contenuta nella Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), è stata elaborata da Sogin, la società pubblica deputata allo smantellamento degli impianti nucleari e alla gestione dei rifiuti radioattivi, che dovrà costruire e gestire il deposito. I “requisiti sono stati giudicati in linea con i parametri previsti dalla guida tecnica Isin (l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, ndr) che recepisce le normative internazionali per questo tipo di strutture”, spiega il ministero in una nota.
Piemonte – 5 siti nella provincia di Alessandria, nei comuni di Bosco Marengo, Novi Ligure, Alessandria, Oviglio, Quargnento, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, Fubine Monferrato.
Lazio – 21 siti nel viterbese, nei Comuni di Montalto di Castro, Canino, Cellere, Ischia di Castro, Soriano nel Cimino, Vasanello, Vignanello, Corchiano, Gallese, Tarquinia, Tuscania, Arlena di Castro, Piansano, Tessennano.
Sardegna – 8 siti concentrati fra la provincia di Oristano e quella di Sud Sardegna, a Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgius Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus, Guasila.
Puglia e Basilicata – 15 siti fra la provincia di Matera (Montalbano Jonico, Matera, Bernalda, Montescaglioso, Irsina) e i Comuni di Altamura, Laterza e Gravina, con una appendice nel Potentino, a Genzano di Lucania.
Sicilia – 2 siti nel trapanese, con aree idonee a Calatafimi, Segesta e Trapani.
I criteri per la selezione delle aree idonee
Nel 2021 Sogin aveva pubblicato una prima Carta di 67 aree idonee, basata su 28 criteri di sicurezza fissati dall’Isin. Fra gli altri, figurano la lontananza da zone vulcaniche, sismiche, di faglia e a rischio dissesto idrogeologico e da insediamenti civili, industriali e militari. Sono escluse le aree naturali protette, quelle oltre i 700 metri sul livello del mare, a meno di 5 chilometri dalla costa, con presenza di miniere e pozzi di petrolio o gas, di interesse agricolo, archeologico e storico. È richiesta anche la disponibilità di infrastrutture di trasporto.
È sulla base di questa prima lista che è stata aperta una consultazione pubblica con gli enti locali e i cittadini interessati e quindi è stata stilata la lista finale dei siti idonei.
Autocandidature: si fa avanti solo Trino Vercellese
Per scongiurare l’eventualità di imporre il deposito a uno dei Comuni recalcitranti, con il decreto legge Energia pubblicato lo scorso 9 dicembre, il governo ha introdotto la possibilità di presentare candidature entro 30 giorni dalla pubblicazione della Carta. Possono proporsi anche enti locali non indicati nella Cnai, chiedendo a ministero e Sogin di “avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità”.
Per ora l’unico a farsi avanti è Trino Vercellese, che già ospitava una centrale. Forse più che lo spirito di abnegazione hanno influito i contributi pubblici milionari, oltre a 4mila occupati nel cantiere per 4 anni e fino a 1000 nella gestione del deposito. Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio però non la vede come il sindaco Daniele Pane: “Il Piemonte, e in particolare la provincia di Vercelli, la loro parte l’hanno già fatta. Non pensiamo quindi che si possa ipotizzare un nuovo deposito nella nostra regione”.
Comuni e Regioni contro il governo
A poche ore dalla pubblicazione della famigerata lista, è partita la rivolta contro il governo delle amministrazioni locali, molte governate dal centrodestra. Ad aprire le danze la Basilicata. La Regione “ribadisce il proprio no all’individuazione in territorio lucano dei siti per i rifiuti radioattivi. La nostra posizione non cambia e non cambierà”, ha tagliato corto l’assessore all’Ambiente Cosimo Latronico. “La Basilicata non può diventare la discarica nazionale di scorie nucleari”, gli ha fatto eco il deputato del Partito democratico Enzo Amendola.
Poco più in là, in Puglia, è il sindaco di Altamura Vitantonio Petronella a protestate. “Il nostro territorio non è idoneo per un’installazione così impattante. Ci sono Comuni italiani che si sono candidati per realizzare il deposito nazionale. Si persegua questa strada”.
Nel Lazio, in cima alla lista con ben 21 siti considerati idonei, è il presidente della Regione Francesco Rocca, a fare muro: “Mi auguro che nessun sindaco del Lazio candidi il proprio Comune a ospitare il deposito”.
In Sardegna, dopo la protesta trasversale e il no del presidente della Regione Christian Solinas, anche il Consiglio regionale si è mobilitato convocando gli Stati generali per ribadire il “no” dell’Isola a diventare deposito delle scorie nucleari.
Dove si trovano le scorie nucleari dell’Italia
Entro il 2015 Roma avrebbe dovuto completare il deposito. Nel frattempo i rifiuti radioattivi sono stati spediti, temporaneamente e a caro prezzo, in Francia, Gran Bretagna e in Slovacchia (i più pericolosi) o stoccati in depositi poco sicuri, come i vecchi reattori trasformati in discariche. Le scorie provengono dalle centrali nucleari, smantellate dopo il referendum del 1987 che ne ha decretato la chiusura, e da ospedali, industria e centri di ricerca. Una volta entrato in funzione il deposito, i rifiuti stoccati all’estero dovranno rientrare in Italia.
Deposito nazionale, quali rifiuti ospiterà
A differenza di quanto affermato dal ministro Pichetto Fratin a Viva Rai 2 di Fiorello, nel deposito non verranno stoccate solo le scorie radioattive “a bassa intensità”, come “quelle che sono anche negli ospedali” . Il sito infatti è destinato a ospitare anche una struttura per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti a media e alta intensità, in attesa della disponibilità di un deposito geologico, denominata “Complesso stoccaggio alta attività” (Csa).
Quanto ai costi di realizzazione, Sogin prevede un investimento complessivo di circa 900 milioni di euro. La società stima in 4 anni i tempi per il completamento del deposito e l’entrata in esercizio entro il 2029.