Le serie prodotte dalla Corea del Sud sono tra le più belle e variegate al mondo e stanno conquistando anche l’Italia: ecco perché.
Gli ormai famosi K-Drama sono le serie televisive prodotte in Corea del Sud e sono l’intrattenimento preferito di una fascia sempre più consistente di pubblico europeo che non è solo quello adolescenziale che idolatra i membri delle boyband k-pop o quello maturo attratto dai film di Kim Ki-duk, Park Chan-wook e Bong Joon-ho, bensì è formato da una fascia d’utenza tra i 15 e i 49 anni che macina show uno dopo l’altro.
Fino a pochi anni fa erano sconosciute al grande pubblico, ma oggi ottime produzioni sono fruite da un pubblico anche nostrano. Sul grande schermo, l’Oscar a Parasite di Bong Joon-Ho nel 2020 ha letteralmente spalancato le porte di Hollywood ai film coreani, oltre che ai registi asiatici, portando a maggiori livelli di diversità nella produzione cinematografica internazionale.
Persino la messa in cantiere dei remake occidentali di Parasite e di Snowpiercer, anch’esso diretto da Bong Joon-Ho, dimostra come le storie e le idee coreane siano di successo, anche quando vengono espiantate dal loro contesto di nascita.
Ma perché le serie tv della Corea del Sud spopolano tanto da creare comunità sui social che le sostengono come Drama Italia, K-Drama e Non solo drama nella testa? Scopriamolo insieme.
In pratica, la scelta è ampia e gli show facilmente reperibili online: i k-drama spaziano tra legal e medical (come Suits e The Good Doctor, di cui gli americani hanno fatto il remake), tra romance e serie scolastiche (come What’s Wrong with Secretary Kim? e Boys Over Flowers), tra fantasy e storici (vedi Goblin e Hwarang), tra comedy e azione (Coffee Prince e City Hunter).
Le produzioni migliori sono veri e propri blockbuster (come Mr Sunshine, Korean Odyssey, Memories of the Alhambra, Abyss o Arthdal Chronicles, tutti reperibili su Netflix) con scenografia, fotografia e musiche di qualità cinematografica.
Tra le serie coreane ce n’è davvero per tutti i gusti, una soddisfazione incredibile per i teledipendenti più esigenti che senz’altro incapperanno nello show corrispondente alle proprie necessità più specifiche, finendo per attanagliarli nel bingewatching e, a volte, di privarli della vita sociale.
I k-drama hanno una marcia in più a livello narrativo e di costruzione di personaggi: si trova sempre qualcosa di nuovo e diverso. Gli sceneggiatori coreani raramente ricorrono alla pratica (a cui gli americani sono assuefatti) del rifarsi a soggetti già sviluppati: quelli elaborati da questi autori sono quasi sempre originali.
I protagonisti possono vestire i panni di sirene, alieni, divinità, oppure campioni di arti marziali miste, ideatori di robot giocattolo, stuntwoman, cultori del cappuccino, sollevatrici di pesi, o ancora bulli, segretarie, esorcisti, aspiranti sindaci e idol.
La creatività dei creatori di k-drama non ha limiti e ci sono nomi, come quello di Kim Eun-sook, autrice della maggior parte dei k-drama migliori (come Secret GardenoA Gentleman’s Dignity), che per popolarità e finezza della narrazione compete con colleghe oltreoceano quali la regina della tv americana Shonda Rhimes.
A questo si aggiunge un altro fattore importante: gli interpreti di questo show (molti dei quali sono volti noti del cinema che bazzicano i festival occidentali come Doona Bae, Jang Dong-gun o Teo Yoo) sono delle divinità in patria, e dal pubblico straniero sono apprezzati non solo per la bravura ma anche per l’aspetto.
Controllati da agenzie di pr strapotenti, la loro vita privata è monopolio dei media (di recente il divorzio di Song Joong-ki e Song Hye-Kyo è diventata una questione di stato), testimonial in lucrose pubblicità dei brand di moda, sono impegnati in tour internazionali dove incontrano – firmando autografi, cantando e rispondendo alle domande – i fan e hanno profili Instagram che fanno un milione di visite a post.
Che abbiano 40 o 20 anni sono veterani sin dalla tenera età di svariate serie – per questo sono molto riconoscibili -. Il fascino che esercitano fa parte dello stesso fenomeno che ha permesso il successo mondiale delle boy band pop come i celeberrimi BTS, ovvero l’esibizione di un tipo di bellezza delicata ed elegante che viene ritenuta irresistibile da una fetta di pubblico occidentale sempre più vasta, non solo adolescente.
Naturalmente, i k-drama hanno anche dei difetti come la censura, poiché non sono concesse scene troppo esplicite di sesso e violenza e la durata – sono per lo più a stagione unica con una lunghezza per episodio tra i 60 e gli 80 minuti -.