Da cosa è composto un carburante meno inquinante? L’impresa sostenibile è “sostenibile” quanto sembra? Approfondiamo
Alla fine del mese appena concluso, un Boeing 787 della Virgin Atlantic ha compiuto un volo senza precedenti da Londra a New York.
Perché senza precedenti? Perché il velivolo ha utilizzato esclusivamente carburante green ottenuto da rifiuti agricoli.
L’evento ha suscitato discussione riguardo alla reale sostenibilità di tale iniziativa nell’industria dell’aviazione, ponendo l’accento sulle sfide e sui dubbi riguardo al suo effettivo impatto ambientale.
Il volo inaugurale con carburante green del Boeing 787 della Virgin Atlantic da Londra a New York ha sollevato importanti interrogativi sull’effettiva sostenibilità ambientale di questa iniziativa innovativa nell’ambito dell’aviazione.
La trasformazione di rifiuti agricoli in un carburante considerato ecologico al 100%, seppur rivoluzionaria, svela aspetti complessi e sfide da affrontare nel percorso verso una maggiore eco-compatibilità nell’industria aeronautica.
Il volo rappresenta un passo significativo verso l’uso di “carburanti sostenibili per l’aviazione” (SAF), un’alternativa mirata a ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Tuttavia, emerge una doppia sfida: da un lato, l’effettiva riduzione delle emissioni risulta inferiore alle aspettative, con i SAF che, seppur con un tasso di emissione ridotto del 70% rispetto ai carburanti convenzionali, ancora rilasciano carbonio nell’atmosfera.
Dall’altro, vi è il problema dei costi e della disponibilità delle materie prime necessarie.
Il carburante utilizzato per questo volo era composto principalmente da “esteri idroprocessati” e acidi grassi, ottenuti da processi chimici, e da cherosene aromatica sintetica, un sottoprodotto della produzione di mais.
E, mentre questo processo rappresenta un passo verso la sostenibilità, la quantità di scarti di pannocchie necessaria per un solo volo a lungo raggio rimane considerevole, evidenziando le difficoltà nell’estendere questa pratica a una scala più ampia.
Facendo qualche calcolo pratico, significa che per ogni percorrenza a lungo raggio servirebbero circa 7,2 tonnellate di scarti di pannocchie, sufficienti forse per il carburante utile a coprire alcune tratte, ma non di certo per soddisfare tutti i 26mila aerei che ogni giorno decollano e atterrano nel mondo.
L’esperienza precedente della Virgin, utilizzando olio di cocco per alimentare un volo Londra-Amsterdam nel 2008, evidenzia ulteriormente le sfide legate alla disponibilità di materie prime.
Un simile tentativo richiese una quantità enorme di noci di cocco, sottolineando la discrepanza tra la scala di produzione e la domanda crescente di carburante sostenibile nell’industria dell’aviazione.
L’industria aeronautica, responsabile di circa il 3% delle emissioni globali di CO2, ha l’obiettivo di raggiungere emissioni zero entro il 2050.
Il governo britannico ha proposto che le compagnie aeree che operano nel Regno Unito utilizzino almeno il 10% di SAF entro il 2030. Tuttavia, la disponibilità limitata di materie prime solleva dubbi sull’effettiva fattibilità di questa proposta, poiché potrebbe diventare impossibile soddisfare la crescente domanda di SAF negli anni successivi.
In ultima istanza, per il momento sebbene il volo della Virgin rappresenti un passo importante verso un’aviazione più sostenibile, emergono problemi non di poco conto legati ai costi, alla disponibilità delle materie prime e alla capacità di estendere questa pratica su vasta scala per rendere effettivamente il settore più eco-compatibile.
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