“La presenza più consistente si registra nello specifico tra i 34 e 44 anni ove le donne risultano 18.853 e gli uomini 8.812“, si legge nella relazione
Secondo i dati della relazione annuale dell’Ispettorato generale del lavoro, che analizza il fenomeno delle dimissioni di lavoratrici e lavoratori, sono 61mila i genitori che hanno deciso di licenziarsi nei primi 3 anni dalla nascita dei propri figli perché non riuscivano a conciliare famiglia e lavoro. La percentuale dei neogenitori è aumentata del 17% tra il 2021 e il 2022. Sono le donne a manifestare di più la difficoltà di conciliare la vita familiare con il proprio lavoro: su 61mila dimissioni in totale, circa 44mila sono neomamme. La relazione è stato elaborata dalla Direzione Centrale vigilanza e sicurezza del lavoro INL, in collaborazione con l’INAPP, ed è stato condivisa con la Consigliera nazionale di Parità.
“La relazione analizza il fenomeno delle dimissioni di lavoratrici e lavoratori nei primi tre anni di vita della prole in rapporto a genere, classi di età dei genitori, numero dei figli, cittadinanza, condizioni professionali, settori economici, dimensione aziendale e modalità di articolazione dell’orario di lavoro. Ampio spazio è dedicato all’analisi delle motivazioni che hanno determinato l’allontanamento dal mondo del lavoro dei neo-genitori, nonché al diverso atteggiarsi del fenomeno in ragione del contesto territoriale“, si legge nel sito dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Il 79,4% dei lavoratori (48.768) che hanno chiesto volontariamente le dimissioni si colloca tra i 29 e i 44 anni. “La presenza più consistente si registra nello specifico tra i 34 e 44 anni ove le donne risultano 18.853 e gli uomini 8.812“, riporta la nota.
La maggior parte delle dimissioni coinvolge ex lavorati che hanno avuto a che fare con grandi imprese (oltre 250 dipendenti): 17.587 convalide. “Con riferimento alla tipologia di orario di lavoro, circa il 65,8% dei provvedimenti di convalida, pari a 40.402, si riferisce a rapporti di lavoro a tempo pieno, a fronte di 20.983 part time che rappresentano il restante 34,2%“, si legge nella relazione.
Analizzando i motivi indicati dai lavoratori durante la richiesta di dimissioni, risulta che per il 37,5% di loro la decisione è legata al passaggio a un’altra azienda. Per il 32,2% la difficoltà è rappresentata dall’impossibilità di affidarsi ai servizi, mentre il 17,6% non riesce a conciliare famiglia e lavoro a causa dell’organizzazione del lavoro o delle scelte del datore. Per il 3,1% la decisione è invece legata al cambio di residenza o alla distanza dal luogo di lavoro.
Nel 76% dei casi, i lavoratori padri e le lavoratrici madri hanno sottolineato l’assenza di parenti di supporto. Inoltre, l’alto costo dei servizi di cura per bambini è un altro motivo rilevante per il 20% di uomini e donne che non sanno come gestire l’educazione dei figli. “In generale l’affermazione ‘l’organizzazione e le condizioni di lavoro sono particolarmente gravose e/o difficilmente conciliabili con le esigenze di cura della prole’ copre il 60% delle motivazioni totali“, si legge nel rapporto.
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